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Bitcoin: la valuta virtuale è senza Iva

Pubblicato il 05/01/2016

Aggiornato il 04/09/2017

Bitcoin: la valuta virtuale è senza Iva

Buone notizie per i Bitcoin, le monete virtuali ideate nel 2009 da Satoshi Nakamoto, pseudonimo dietro il quale si nasconde l’anonimo inventore. A pochi anni dalla creazione, i Bitcoin si stanno affermando come circuito finanziario alternativo.

Si tratta in pratica di una valuta digitale basata su una struttura peer-to-peer crittografata composta da algoritmi che consentono di trasferire denaro.

Al momento il numero di pezzi in circolazione è prossimo ai 21 milioni e tenderà ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni raggiungendo i due terzi delle emissioni globali.

E’ comprensibile l’interesse suscitato nei più tradizionali canali finanziari: banche d’investimento, banche centrali, regolatori pubblici e venture capitalist si sono interessati al fenomeno producendo ricerche e studi sul fenomeno. Tra questi citiamo “All about Bitcoin”, il report pubblicato da Goldman Sachs a questo proposito.

E’ inoltre abbastanza recente la notizia che la startup statunitense BitInstant immetterà a breve carte di credito che utilizzano moneta virtuale. Le transazioni avverranno grazie a un Qr Code in tutti gli esercizi commerciali che già consentono il pagamento attraverso il circuito tradizionale MasterCard.

In questo contesto, diventa fondamentale adeguare il quadro normativo per consentire ai consumatori la fruizione della moneta nel modo più trasparente possibile.

Già lo scorso anno la Gran Bretagna aveva sciolto un nodo cruciale, affermando di non voler applicare l’Iva alle transazioni effettuate utilizzando Bitcoin. E' una scelta molto progressista sul trattamento delle valute virtuali, che già aveva trovato riscontro in Germania.

Sembra ora che questo orientamento verrà recepito in tutta Europa.

La Corte Ue ha confermato l’esenzione da Iva per le transazioni che prevedono il cambio di valuta tradizionale in Bitcoin, e viceversa. Si tratta di un chiarimento su una sentenza che ha visto protagonista un cittadino svedese, David Hedqvist.

L’imprenditore aveva avviato un’attività che prevedeva il cambio di valute tradizionali nella valuta virtuale. Nel parere preliminare richiesto da Hedqvist la Commissione Tributaria Svedese si era pronunciata a favore, affermando che le operazioni oggetto delle attività dovevano essere esenti da Iva.

A differenza della Commissione Tributaria, l’Amministrazione finanziaria si era successivamente espressa contro questa interpretazione, contestando l’esenzione fiscale e rivolgendosi alla Corte di Giustizia per l’interpretazione degli articoli 2 paragrafo 1 e 135 paragrafo 1 della Direttiva 2006/112/ce.

La conferma definitiva è arrivata con la sentenza del 22 ottobre 2015 della Corte Europea che ha confermato che tali operazioni sono esenti dall’Iva in forza della disposizione riguardante le operazioni relative “a divise, banconote e monete con valore liberatorio”.

In pratica d’ora in poi in Europa la moneta virtuale sarà esente dal pagamento dell’Iva, una novità che, potenzialmente, comporterà notevoli benefici per il mercato Ue. 

In parallelo, lo scorso settembre, anche negli Stati Uniti si è voluto far chiarezza sul Bitcoin e sulle monete virtuali, che sono state catalogate come materia prima dalla Commodity Futures Trading Commission, l’autorità incaricata di regolare gli scambi di contratti derivati e future, appunto, delle materie prime.

Il problema della definizione dei nuovi strumenti telematici è da tempo oggetto di dibattito. Così facendo, gli Usa non hanno solo voluto chiarire la situazione, ma anche iniziare a stabilire tramite la Cftc le sanzioni per eventuali trasgressioni.

A cura di: Alessia De Falco

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