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Italia-Svizzera: addio al segreto bancario

04/03/2015
Italia-Svizzera: addio al segreto bancario

Firmato l’accordo in materia fiscale nella sede della Prefettura di Milano tra il Ministero dell'Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan e il capo del Dipartimento federale delle finanze della Confederazione Svizzera, Eveline Widmer-Schlumpf.

L’intesa permette di porre fine al segreto bancario degli istituti svizzeri consentendo alla nazione elvetica di uscire dalla black-list, la lista dei paesi in cui vige un regime fiscale che garantisce un basso prelievo fiscale sui depositi bancari. Lo Stato italiano potrà richiedere fin da subito tutte le informazioni necessarie per individuare i potenziali evasori. In futuro la procedura adottata sarà diversa, potendo contare sullo scambio automatico dei dati previsto dal nuovo standard Ocse: le informazioni avranno ad oggetto i conti di custodia, di deposito e i contratti di assicurazione con contenuto finanziario.

L’erario potrà dunque accedere ai conti bancari di quei contribuenti italiani che detengono capitali non dichiarati nelle banche svizzere, sottraendoli all’imposizione. La misura dovrebbe convincere quest’ultimi  a regolarizzare i fondi attraverso la Voluntary disclosure, vale a dire la dichiarazione volontaria al Fisco dell’entità dei propri capitali: dopo la ratifica dell’accordo, la Svizzera entrerà nella white-list evitando che la regolarizzazione implichi l’applicazione di sanzioni più pesanti.

Il protocollo firmato potrebbe generare nelle casse dello Stato un tesoretto di circa 6,5 miliardi di euro. Le modalità di riscossione saranno diverse: si potrà  arrivare a versare fino al 70% degli attivi non dichiarati. L’ammontare dei depositi presso gli intermediari svizzeri sfuggito all’occhio delle Autorità italiane è stimato per una cifra pari a circa 150 miliardi di euro: per l'Italia si tratta di un enorme conquista nella lotta all'evasione fiscale.

“L’accordo firmato oggi è un passo avanti molto importante nelle relazioni tra i due Paesi”, ha dichiarato Pier Carlo Padoan, “frutto di un lavoro che è durato molto tempo, che è stato complesso e difficile ma alla fine è giunto alal conclusione con pieno successo. Ci è costato un euro”, aggiunge il Ministro con una battuta, “ma posso dire con certezza che porterà a entrate per più di un euro”.

Un cambiamento è previsto anche per i frontalieri: con il patto siglato nel 1974 e in vigore attualmente, le autorità ticinesi prelevano un’imposta alla fonte sui redditi, riversando il 38,8% ai vicini comuni italiani in cui risiedono questi lavoratori. La nuova intesa stabilisce che quest’ultimi dovranno essere assoggettati sia all’imposizione dello Stato in cui sono impiegati, sia in quello di residenza. Pagheranno il 70% delle tasse in Svizzera e il 30% in Italia: inizialmente il Fisco italiano imporrà loro la stessa aliquota in vigore nella Federazione, per poi adeguarla gradualmente. Il nuovo sistema prevede reciprocità: conseguentemente l’applicazione della regola varrà anche per i frontalieri elvetici che lavorano nel nostro paese.

La collaborazione fiscale che l’Italia chiedeva da anni si deve non solo alla disponibilità della Svizzera ma anche alla spinta esercitata dagli Stati Uniti sul rientro dei capitali. Secondo Alessandro Cotto, esperto fiscalista e amministratore delegato del Centro studi Eutekne.info, “non c’è dubbio che Washington ha avuto un peso decisivo nel fare cambiare atteggiamento a Berna in tema di Voluntary disclosure. Una pressione di cui evidentemente adesso beneficia indirettamente anche l’Italia”.

A cura di: Paola Campanelli

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