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Attenti alle commissioni se il conto va in rosso

03/03/2017
Attenti alle commissioni se il conto va in rosso

Andare in rosso può costare caro. Non sempre però il consumatore è a conoscenza delle commissioni che vengono addebitate in questi casi, per cui è bene fare un po’ di chiarezza.
Partiamo da una domanda: cosa succede se andiamo in rosso sul conto corrente?

La risposta di dettaglio ve la forniamo nella nostra sezione Domande Frequenti, dove trovate un approfondimento per il conto corrente ed il conto deposito in rosso.

Premettiamo che non sempre è possibile andare in rosso e che tale eventualità è specificata nelle norme contrattuali. Se non sono previsti affidamenti, la banca può non acconsentire all’utilizzo di somme di cui non si dispone. In questo caso è inevitabile la segnalazione alla centrale rischi come cattivo pagatore.

Quando si va in rosso, salvo disposizioni contrarie, sono previste delle commissioni di scoperto, definite “di istruttoria veloce”. Queste penali sono state introdotte con l’art. 6-bis del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con Legge n. 214 del 22 dicembre 2011)

La legge ha annullato quelle che in precedenza venivano definite commissioni di massimo scoperto, prevedendo, in caso di sconfinamento, l’applicazione del tasso di interesse debitore (sull’ammontare dello sconfinamento) e della Commissione di Istruttoria Veloce (c.d. CIV).

Si tratta di una commissione che remunera le attività interne della banca in caso di sconfinamento, come ad esempio, l’accesso alle banche dati, le ricerche sul cliente.

Il CIV non è previsto nel caso in cui il consumatore sconfina per un totale inferiore o pari a 500 euro, per un massimo di 7 giorni (attenzione: questa esenzione è valida per una sola volta a trimestre). La commissione non viene inoltre applicata se lo sconfinamento si è creato per effettuare un pagamento a favore della banca, come il pagamento mensile delle competenze.

Una delle soluzioni per non incappare in questo problema è valutare l’attivazione di uno scoperto. Si tratta di una forma di finanziamento, detto anche fido di cassa, che consente di sopperire alle momentanee mancanze di liquidità. 

In questo caso il cliente può ricorrere al conto corrente per effettuare bonifici e prelievi, anche in assenza di liquidità. Di solito viene imposta una somma limite e la banca applica un tasso di interesse e una scadenza per il rimborso della cifra utilizzata.  Lo scoperto si differenzia da finanziamento perchè, nel secondo caso il denaro, dopo aver verificato l’affidabilità creditizia, viene erogato tutto in una volta e poi restituito a scadenze determinate (rate mensili, trimestrali o semestrali).

Lo scoperto può essere utilizzato per periodi temporanei, come ad esempio un accumulo di scadenze o una diminuzione degli incassi. Non è invece consigliabile usarlo per finanziarsi sul lungo periodo, perchè l’accumulo degli interessi lo rende meno vantaggioso di un conto corrente tradizionale.

La scadenza dello scoperto di conto corrente può avere una scadenza determinata o indeterminata. Con la scadenza determinata viene fissata una data entro la quale rimborsare la banca, con scadenza indeterminata non esistono limiti temporali ma solo in base alla somma messa a disposizione del cliente. L’apertura di un credito in conto corrente può risultare utile qualora si debbano affrontare delle mancanze momentanee di liquidità, come ad esempio in periodi di accumulo delle scadenze o periodi di diminuzione degli incassi. Non conviene, però, utilizzare questo tipo di fido per finanziarsi in modo permanente, perchè il costo è sicuramente più elevato di quello richiesto per un conto corrente tradizionale.

Inoltre gli interessi applicati allo scoperto sono molto elevati. Una valida soluzione è ridurre le spese individuando un conto conveniente, magari facendo una simulazione su un comparatore come ConfrontaConti.it.

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A cura di: Alessia De Falco

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