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Italia: 15 milioni di senza conto

05/05/2015
Italia: 15 milioni di senza conto

Il fenomeno degli unbanked era già balzato alla ribalta delle cronache qualche anno fa, in particolare negli Stati Uniti da cui era partito l’allarme. Da qualche tempo è diventato un tema di attualità anche in Europa, in particolare in Italia, dove si registrano 15 milioni di cittadini senza conto corrente e strumenti finanziari di credito o debito.

Alcuni recenti studi, tra cui Western Union e Cgia Mestre, stimano che il 29% della popolazione nel nostro Paese, prendendo in considerazione soggetti con più di 15 anni, non dispone di un conto. Un dato piuttosto allarmante, visto che la media europea si attesta al 14% e che, nei Paesi più all’avanguardia in questo senso, come ad esempio Francia e Regno Unito, è del 3%.

In Germania solo 1,4 milioni di persone, pari al 2% della popolazione, restano escluse dai flussi finanziari. Meglio ancora la situazione in Danimarca e Finlandia, dove il 100% della popolazione dispone di un conto corrente.

Occorre comprendere le ragioni alla base del crescente numero di unbanked nel nostro Paese e, in parallelo, la frequenza di utilizzo del denaro contante che, secondo le rilevazioni Doxa, rappresenta il 20% del totale europeo, nonostante i limiti stringenti di utilizzo fissati a mille euro. 

E’ interessante peraltro esaminare anche la distribuzione per sesso dei titolari di un conto: in Italia il 64% delle donne dispone di un proprio conto, mentre la media europea è dell’ 86%. Da un lato il fenomeno si può ricondurre al perdurare della crisi economica, anche se imputare la fuga dalle banche alla sfiducia nel sistema può essere una visione piuttosto generalista.

Il fatto che all’incirca un italiano su sei non utilizzi forme di pagamento tracciabili potrebbe essere anche letto come un campanello d’allarme in termini di evasione fiscale. In realtà la situazione è molto più complessa e, al di là dei fenomeni congiunturali, ci sono anche driver legati al cambiamento della domanda di servizi bancari.

Soprattutto nelle fasce di età più giovani cresce infatti la richiesta e l’ utilizzo di carte prepagate e carte conto: le rilevazioni indicano che nel 2013 i titolari di questo tipo di prodotti finanziari erano 2,5 milioni di euro, di età compresa tra i 15 e i 18 anni.

Peraltro va precisato che il fenomeno di esclusione dai flussi finanziari ha un andamento altalenante. A questo proposito vale la pena esaminare i dati della Banca d’Italia, secondo i quali nel 2000 le famiglie che non erano finanziariamente attive corrispondevano al 16% della popolazione.

La percentuale si era ridotta fino al 12,3% nel 2006, per poi crescere nuovamente in concomitanza con la crisi del 2008 (16,6%) e contrarsi invece nel 2012, anno in cui il numero degli unbanked in Italia ha raggiunto i sette milioni.

Interessante notare come, a cavallo tra il 2010 ed il 2012, a fronte della diminuzione dei conti, si è verificato un aumento dei rapporti bancari e postali. Proprio in questo periodo sono entrate in vigore le prime misure volte a tracciare i pagamenti in contanti con l’obiettivo di contrastare l’evasione fiscale.

Nell’esame degli unbanked va anche inserita una specificità tipica del nostro Paese dove, a differenza del resto dell’Europa, è molto diffuso l’ tilizzo dei conti cointestati. Oggi, tra i cluster che, più o meno spontaneamente, scelgono di non possedere un conto, la componente principale è costituita dai non occupati.

Inoltre occorre tener presente una tendenza completamente divergente a compensare l’esclusione finanziaria: proprio a causa del clima congiunturale, si rafforza la propensione al risparmio e, di conseguenza, all’utilizzo di conti deposito e forme analoghe di accumulo.

A cura di: Alessia De Falco

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