Con l'inflazione che resta elevata, più spazio agli investimenti
Con l'inflazione che continua a viaggiare su ritmi elevati, mantenere i risparmi fermi sul conto corrente significa accettare una perdita sicura in termini reali. Non resta allora che puntare sugli investimenti, a patto di ponderare con attenzione i rischi connessi.

“Le prospettive di inflazione continuano a essere troppo elevate da troppo tempo”. Nell’ultimo Bollettino Economico, la Banca Centrale Europea segnala che il surriscaldamento dei prezzi è tutt’altro che vicino all’esaurimento. Una situazione che mette a dura i risparmi accumulati negli anni dalle famiglie e che impone di puntare sugli investimenti per difendere il valore reale del patrimonio.
L’inflazione è qui per restare a lungo
Ad aprile l’inflazione ha interrotto la discesa che durava da un semestre per invertire la rotta. Nell’Eurozona l’indice dei prezzi al consumo ha messo a segno un +7% su base annua dal +6,9% di marzo, anche se quella core (cioè al netto delle componenti più volatili) è passata dal 5,7% al 5,6%. L’inaspettato aumento è il risultato di un rimbalzo dei prezzi dell’energia, dopo il forte effetto base negativo di marzo, e di prezzi dei servizi leggermente più alti.
Questo andamento è la conferma di quanto alcuni analisti sostenevano da tempo: il rientro dall’iperinflazione sarà molto lento perché il boom dei prezzi energetici si è trasferito al resto dell’economia (dall’industria ai servizi, con le aziende che hanno alzato i listini per fronteggiare i maggiori costi legati ad approvvigionamenti e utenze di luce e gas) e ora diventa difficile tornare a una situazione normale.
Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo, a maggio l’inflazione dovrebbe tornare a rallentare soprattutto alla luce dei prezzi energetici, attesi in calo fino all’autunno, ma poi nel 2024 dovrebbe esserci una nuova crescita, a maggior ragione se verranno confermate le previsioni di un’accelerazione del ciclo economico.
Dai conti deposito al risparmio gestito: come difendere il patrimonio
Con i livelli attuali di inflazione, 10mila euro di oggi, varranno 9.300 euro tra un anno e 8.649 tra due. Quanto basta per guardarsi intorno a caccia di rendimenti, che oggi sono possibili anche senza alzare eccessivamente l’asticella del rischio. Ci sono innanzitutto i conti deposito, soluzioni agganciate al conto corrente che consentono di investire fino a un massimo di 60 mesi, con rendimenti che arrivano fino al 4% e oltre per le scadenze più lunghe. Dai valori indicati occorre poi sottrarre il 26% di aliquota sui guadagni. Al pari dei conti correnti, c’è la garanzia pubblica fino a 100 mila euro, a tutela di eventuali crack della banca depositante.
La ricerca di rendimento spiega anche la crescente attenzione verso i fondi monetari, che investono in titoli di Stato a breve. Morningstar segnala che ad aprile in Europa i fondi azionari hanno registrato 1,3 miliardi di euro di deflussi netti, il peggior risultato mensile da ottobre, mentre quelli obbligazionari hanno segnato il sesto mese consecutivo positivo in termini di flussi, con 14,8 miliardi di euro di nuove sottoscrizioni nette. La maggior parte di questi afflussi ha riguardato i fondi esposti ai titoli di Stato in euro e alle obbligazioni a scadenza fissa.
Ecco il profilo dei sottoscrittori di fondi comuni
Chi sono gli investitori del risparmio gestito? Una risposta in merito arriva da una ricerca di Assogestioni presentata all’ultimo Salone del Risparmio. I sottoscrittori italiani di fondi comuni sono 11,5 milioni, con un importo medio investito di 45mila euro, anche se la somma è sensibilmente più bassa tra i sottoscrittori di fondi italiani (27mila euro) e più elevata per gli esteri (52mila).
Lo studio analizza anche la distribuzione della partecipazione al mercato dei fondi per modalità di sottoscrizione. Il versamento unico rimane la forma prevalente, in quanto scelto dal 62% dei risparmiatori, mentre la quota dei sottoscrittori che investe prevalentemente tramite piani di accumulo (i Pac) è pari al 22%. Quest’ultima strategia consiste nel versare sempre la medesima somma con cadenza regolare (ad esempio ogni trimestre), con il risultato che la performance non è legata al fattore tempo, bensì ammortizza questa variabile per puntare a generare un rendimento costante.
Tornando allo studio di Assogestioni, l’età media dei sottoscrittori è 61 anni, con la generazione dei boomers che pesa per il 41% del totale. A seguire, i risparmiatori della Generazione X con il 28%, le generazioni più anziane (ultra 77enni) che rappresentano il 18,5% e infine i risparmiatori più giovani (Millennials e Generazione Z), la cui partecipazione è più contenuta e si attestano al 13%.