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Conti deposito: cosa succede ad aprile

Pubblicato il 15/05/2015

Aggiornato il 21/05/2015

Conti deposito: cosa succede ad aprile

I conti deposito sono uno strumento finanziario a disposizione dei piccoli risparmiatori, che consente di rendere remunerativi i propri risparmi.

Alcune banche offrono condizioni migliori se si vincola il capitale, ma ciò comunque non toglie al titolare la possibilità di prelevare anche prima della scadenza del vincolo, rinunciando generalmente, in questo caso, a percepire gli interessi concordati.

Semplice e sicuro, il conto deposito è l’investimento migliore per chi ha una propensione al rischio molto bassa: protetto dal Fondo Interbancario di tutela dei depositi, non è soggetto ad alcun costo, se si fa eccezione per la tassazione sugli interessi maturati pari al 26%.

L’Osservatorio di ConfrontaConti offre una disamina dei conti deposito d’Italia, analizzandone l’evoluzione delle richieste per importo depositato, tipo di vincolo e durata, età dei richiedenti e area geografica, in un intervallo temporale che parte dal secondo semestre del 2010 e arriva a oggi.

Le rilevazioni dell’Osservatorio dicono che la maggior parte degli investimenti viene fatta per somme comprese tra i 20.000 e 50.000 euro, nello specifico il 40% dei casi, mentre una piccola percentuale di risparmiatori, solo il 10%, apre un conto per una cifra inferiore o uguale a 5000 euro.

Chi ha più di 50.000 su un conto deposito è il 24% dei risparmiatori: era il 28% nel 2010, contro un 30% di conti il cui valore variava dai 20 ai 50.000 euro. Sempre cinque anni fa, era minore anche la percentuale di coloro che disponevano di una piccola somma, uguale o inferiore ai 5000 euro.

Ma come si spartiscono il mercato le formule possibili di conti deposito in base al vincolo temporale? Nei primi mesi di quest’anno, il 76% dei risparmiatori ha scelto un deposito vincolato, al fine di ottenere una percentuale di interessi più consistente e solo il 24% ha optato invece per un deposito non vincolato.

Fa specie notare come nel secondo semestre del 2013 i depositi vincolati erano in percentuale il 94% del mercato, mentre nel 2010 costituivano l’86%, sintomo della persistente situazione di crisi che induce a tenersi aperta la possibilità di far ricorso ai risparmi in caso di necessità.

I risparmiatori prediligono vincolare i loro soldi a breve termine, per un periodo dai 7 ai 12 mesi nel 56% dei casi. Il 27% sceglie un vincolo più lungo, dai 13 ai 24 mesi e una percentuale più esigua vincola le somme per periodi più lunghi, il 3% per 25-36 mesi e il 7% oltre i 36 mesi.

Le analisi dell’Osservatorio rilevano che negli ultimi 5 anni il comportamento dei consumatori in relazione al vincolo è stato abbastanza costante, preferendo sempre il breve periodo, con punte massime del 64% nel primo semestre del 2013.

Ma qual è l’età di chi dispone di un conto deposito? Sembra che la scelta di questo strumento sia prevalente tra le persone in età matura: oltre i 55 anni nel 43% dei casi (era il 35% nel 2013 e il 33% nel 2010). Il 37% ha invece un’età compresa fra i 41 e i 55 anni (percentuale rimasta sostanzialmente stabile nel corso degli ultimi 5 anni) e il 19% ha un’età compresa tra i 26 e i 40 anni (era il 29% nel 2010). Solo il 2% dei risparmiatori è un giovane con un’età compresa tra i 18 e i 25 anni.

Chi ha più di 55 anni dispone inoltre di una cifra maggiore, in media 46.033 euro, così come rilevato nei primi mesi di questo anno, cifra rimasta sostanzialmente invariata se la si raffronta all’importo medio del secondo semestre del 2010, 45.165 euro. Ed è importante rilevare che la disponibilità media della fascia di età subito inferiore, dei 41-55 anni, si attesta sui 44.487 euro.

Tra i 26 e i 40 anni invece si dispone in media di un conto di 37.216 euro, in netta crescita rispetto al 2010, quando per lo stesso intervallo di età registrava il valore di 29.862 euro.

Infine l’area geografica di provenienza dei titolari dei conti. Ancora una volta è il Nord a dettare il trend, con il 68% dei conti deposito che provengono da questa parte d’Italia. Il 14% è al Centro Italia e il 18% proviene dal Sud. Le percentuali non sono cambiate sostanzialmente nel corso degli anni, visto che nel 2010 la distribuzione fra le tre aree del Paese era, seguendo lo stesso ordine, 70% per il Nord e il restante 30% diviso equamente tra Centro e Sud Italia.

A cura di: Paola Campanelli

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