Verifiche fiscali sul conto corrente: nel mirino prelievi e versamenti
La Cassazione ha stabilito che la presunzione bancaria si applica anche ai conti correnti dei lavoratori autonomi. In caso di verifica fiscale, occorre dimostrare che versamenti e prelievi non incidano sul reddito tassabile. Scopri cosa cambia e come trovare un conto corrente conveniente.

Non solo le aziende. Anche i lavoratori autonomi e i professionisti devono fare attenzione a versamenti e prelievi effettuati sul proprio conto corrente e dimostrare che non incidano sul reddito imponibile. Infatti, in caso di verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate può chiedere al titolare del conto di giustificare la lista dei movimenti. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con due recenti ordinanze che chiariscono una materia complessa: la presunzione bancaria.
Questo strumento di indagine finanziaria è previsto per legge (articolo 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 600/1973) e il Fisco può usarlo allo scopo di fondare i propri accertamenti su maggiori redditi da recuperare a tassazione, sia per i versamenti (per importi superiori a 1.000 euro giornalieri e a 5.000 euro al mese), sia per prelievi e importi riscossi. Il contribuente deve dimostrare all’Erario che queste operazioni non incidano sul reddito dichiarato.
Sull’impugnazione da parte del contribuente di accertamenti bancari da parte dell’Agenzia delle Entrate, già ad aprile 2024, la Corte Suprema aveva precisato che la persona fisica o l’impresa, per superare la presunzione di legge, deve dimostrare in modo oggettivo e analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a reddito imponibile.
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Indagini sui conti correnti: in campo anche la Corte costituzionale
La rivista online “FiscoOggi” dell’Agenzia delle Entrate spiega che sulla materia si era già pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza numero 228/2014, con la quale, se da un lato si era ritenuto costituzionalmente illegittimo il sopra citato articolo 32, connesso alle “presunzioni bancarie”, eliminando dalla normativa il termine “compensi”; dall’altro si sosteneva che le “presunzioni legali in esame non potessero essere completamente inapplicabili alle indagini finanziarie insistenti sui percettori di reddito di lavoro autonomo”.
Avvisi di accertamento bancario: legittimi o meno?
Nonostante tali fondamenta, alcune Corti di merito hanno ritenuto che l’illegittimità costituzionale della norma in esame fosse riferibile sia ai versamenti che ai prelevamenti, sulla base dell’assunto che nella formulazione attualmente in vigore non sia più presente il termine “compensi”. E proprio facendo leva su questa assenza, il contribuente ricorrente in Cassazione ha ritenuto sussistere la totale illegittimità degli avvisi di accertamento, oggetto delle ultime ordinanze degli ermellini.
Corte Suprema: nulla è cambiato sulla presunzione legale
La conclusione, tuttavia, è stata totalmente disattesa dai giudici di legittimità, i quali hanno precisato che nulla è mutato in merito alla presunzione legale disciplinata dall’articolo 32 del D.P.R. 600/1973. Di conseguenza, con riferimento “ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo”, questi debbano essere posti alla base della quantificazione del reddito e il contribuente avrà l’onere di “fornire prova contraria alla relativa presunzione legale”.
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