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Conto corrente: i limiti ai prelievi e versamenti di contante

17/11/2017
Conto corrente: i limiti ai prelievi e versamenti di contante

Una delle domande più frequenti che i consumatori si pongono riguarda il limite contante quando si preleva o si deposita in banca. Un’eccessiva movimentazione può insospettire il Fisco che, proprio di recente, ha incrementato i controlli.

Sappiamo che l’Agenzia delle Entrate ha facoltà di controllare i conti correnti bancari tramite l’anagrafe dei rapporti finanziari e che gli istituti di credito sono tenuti a comunicare i dati dei clienti mediante un flusso telematico da inviare periodicamente, secondo quanto previsto dall’articolo 11 del Decreto Salva Italia.

La finalità di questa stretta sui controlli è la lotta all’evasione fiscale, piaga che da sempre colpisce il Paese. Con un sistema di interscambio dati, denominato Sid, l’Agenzia delle Entrate recepisce le comunicazioni degli istituti di credito, delle banche e delle poste italiane.

Vengono controllati in questo modo i saldi iniziali e finali dei clienti e in particolare i pagamenti effettuati con carta di credito o bancomat, ma anche i prelevamenti in contanti.

Restano esclusi da questi controlli i finanziamenti personali, i crediti e le garanzie personali che sono già oggetto del controllo del redditometro.

In merito all’utilizzo del contante, una recente sentenza della Cassazione (sent. n. 23162/17 del 4.10.2017) ha approfondito la tematica del limite ai prelievi da conto corrente.

Stando alla sentenza, non esiste un limite al prelievo di contanti per i contribuenti, al netto degli imprenditori. Il prelievo non giustificato di soldi dal proprio conto non può dare origine a controllo o accertamento e l’Agenzia delle Entrate non è tenuta a chiedere spiegazioni se si ricorre in maniera frequente al Bancomat.

In altre parole i contribuenti non sono obbligati a conservare scontrini, ricevute fiscali e pezze giustificative che dimostrino, a distanza di anni, a cosa sono serviti i contanti prelevati dal conto corrente. Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che si tratti di “spese in nero” dovrà dare prova di ciò.

Ricapitolando, il limite di prelievo riguarda solo gli imprenditori che non possono superare i 5 mila euro al giorno. Se si superano questi limiti il Fisco può presumere che vi siano operazioni di investimento non dichiarate e richiedere l’accertamento fiscale.

Sempre in tema contante, l’Agenzia delle Entrate non è tenuta ad indagare il motivo di depositi frequenti, ma può chiedere spiegazioni sulla provenienza, che deve essere supportata da documenti scritti e non da sole prove testimoniali.

Se dunque i versamenti sul conto sono ingiustificati, il Fisco può ritenere che si tratti di ricavi non denunciati nella dichiarazione dei redditi. Spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che il denaro è stato già tassato alla fonte (ad esempio una vincita al gioco) oppure è esente (ad esempio una donazione o un risarcimento).

Le movimentazioni sul conto, come i prelievi o i versamenti, non destano solo l’attenzione del Fisco, ma anche dei consumatori, poichè possono comportare un costo che magari va ad incidere, seppur in maniera minima, sul bilancio familiare.

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A cura di: Alessia De Falco

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