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Whatsapp: una truffa dietro la nuova catena di Sant’Antonio

12/01/2018
Whatsapp: una truffa dietro la nuova catena di Sant’Antonio

I pirati informatici non vanno in ferie: il 2018 è appena iniziato, ma già si prospetta allarmante dal punto di vista della privacy. Protagonista WhatsApp, già in passato nel mirino degli hacker. Questa volta si tratta di una sorta di catena di Sant’Antonio virtuale diffusa tramite l’app di messaggistica istantanea.

Gli utenti ricevono il messaggio di un fantomatico rimborso legato alle bollette a 28 giorni che di recente sono state abolite dall’Agcom, ripristinando la vecchia fatturazione a 30 giorni. In realtà è un form appositamente pensato per rubare i dati dell’utente, in particolare quelli legati al conto corrente e al numero di telefono.

Le catene di Sant’Antonio sono spesso utilizzate per le frodi online: quello che in passato era un innocuo divertimento da ragazzini, per lo più legato alla diffusione di testi e cartoline, con l’avvento del web si è trasformato in un’arma a doppio taglio.

Qualche anno fa, infatti, la Cassazione si è occupata delle Catene di Sant'Antonio relative al web surfing, dichiarandole illegali con la sentenza numero 37049/2012.

In realtà già la legge 173/2005 aveva dichiarato illegale l'accaparramento di nuovi clienti tramite la promessa di incentivi per gli iscritti che avrebbero reclutato i loro amici, invitandoli con catene a far parte di una specifica piattaforma. 

Oggi le catene di Sant’Antonio sono spesso un pretesto, come nel caso citato poco fa, per raccogliere illecitamente dati degli utenti ed utilizzarli per frodi informatiche. Ma non è il solo pericolo in cui possono incappare gli utenti di app e web. Lo spiega la Polizia Postale sulla pagina Facebook Vita da Social, dove vengono forniti consigli per difendersi dalle principali minacce web e Whatsapp. Eccoli in sintesi alcuni tra i principali raggiri menzionati:

- buono sconto di Zara: la truffa legata alla popolare catena di abbigliamento prevede un messaggio di sconto con allegato un link da cliccare. Tale link contiene un sondaggio e la richiesta di invitare amici per ottenere lo sconto. In realtà si sottoscrive inconsapevolmente un abbonamento che consuma il credito del telefono

- Whatsapp è scaduto: è un pop up che appare mentre si naviga in internet, chiedendo di inserire il proprio numero di telefono; in realtà, facendolo, si attiva un abbonamento da 20 euro che invia sfondi per il cellulare

- Whatsapp Gold: con la promessa di un servizio esclusivo, il messaggio installa un malware, ovvero un software usato per disturbare le operazioni svolte, rubare informazioni sensibili, accedere a sistemi informatici privati o mostrare pubblicità indesiderata

- scarica le nuove emoticon: si tratta di un virus che mette a rischio dati e le informazioni presenti sul proprio cellulare. Per evitare di cadere in trappola, avvisano gli agenti, "è bene ricordare che nessun aggiornamento delle emoticon viene segnalato via messaggio, ma solo tramite aggiornamenti della applicazioni"

- messaggio audio che non esiste: si tratta di un messaggio che avvisa della presenza di una nota audio in segreteria, legato ad indirizzi insoliti. In realtà è un virus che accede al controllo delle app installate sul proprio dispositivo, tra cui soprattutto fotocamera e galleria fotografica.

Il consiglio è di non aprire mai link fuorvianti né di fornire informazioni personali, se la fonte non è verificata ed affidabile, Inoltre è opportuno evitare di installare applicazioni non ufficiali, scaricabili da negozi virtuali.

Sappiamo dai numerosi approfondimenti scritti in materia (a questo proposito vi segnaliamo la news "Le truffe elettroniche: come difendersi", contenente una serie di consigli utili) che un modo per proteggersi sul web c’è.

In sintesi, bisogna essere informati e consapevoli degli strumenti messi a disposizione dagli istituti di credito per tutelare la nostra privacy. In secondo luogo, bisogna attuare una serie di accorgimenti semplici ma sempre efficaci, come ad esempio la scelta di una password “robusta”.

Una recentissima notizia pubblicata su Repubblica.it ci rivela che in molti cadono nell’errore di scegliere password facilmente individuabili. Stando ad una ricerca di SplashData pubblicata sul quotidiano online, su un campione di 5 milioni di password violate, la più diffusa è "123456", seguita da "password" e da una variante della prima, ovvero "12345678", con a seguire il classico "qwerty". Tra le altre troviamo sequenze banali di nomi propri e banalità, come ad esempio football, iloveyou, admin, welcome, monkey, login.

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A cura di: Alessia De Falco

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