Andare prima in pensione? È possibile grazie alla previdenza complementare
La Manovra di Bilancio 2025 introduce una novità legata all’accesso alla pensione anticipata, consentendo di sfruttare l’accantonamento nella previdenza complementare per raggiungere l’importo soglia di accesso, che contestualmente viene aumentato. Vediamo come funziona.

Le pensioni sono un cantiere sempre aperto a livello legislativo. Perché siamo uno dei Paesi in cui si vive più a lungo, ma anche tra quelli con il più elevato debito pubblico.
La conseguenza è che gli schemi pensionistici in voga per decenni non sono più attuali, soprattutto se si considera che sta calando progressivamente il numero dei nuovi nati. Si allunga l’età del pensionamento e questa situazione viene vissuta con grande sofferenza da molti.
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Come funziona il sistema pensionistico italiano?
Il sistema pensionistico italiano (come quello di gran parte degli altri Paesi) è a ripartizione. Questo significa che gli attuali lavoratori versano periodicamente (di solito mensilmente) un ammontare di denaro, che serve al pagamento delle pensioni erogate nello stesso periodo.
Detto in parole semplici, chi lavora e versa i contributi oggi, paga le pensioni ai pensionati di oggi e lo stesso varrà per il futuro. I lavoratori di oggi riceveranno la pensione finanziata dai lavoratori attivi di quel momento. Affinché questo meccanismo funzioni e sia sostenibile nel tempo, occorre un buon bilanciamento tra lavoratori e pensionati.
Diverso è il caso del sistema pensionistico a capitalizzazione: anche in questo caso, i lavoratori versano contributi periodici, che tuttavia vengono investiti sul mercato. In questo modo, ciascun lavoratore finanzia la propria pensione grazie ai rendimenti dell’investimento. Pur nella consapevolezza che gli investimenti sono per loro natura soggetti alla possibilità di andamento negativo.
Pensione anticipata: le novità della Manovra 2025
La Manovra 2025 introduce una novità legata alla pensione anticipata, consentendo di sfruttare l’accantonamento nella previdenza complementare per raggiungere l’importo soglia di accesso, che contestualmente viene aumentato.
Per accedere a questa opzione, è necessario il rispetto di una serie di requisiti:
- il lavoratore deve avere almeno 64 anni di età e almeno 25 anni di contributi (anziché i 20 normalmente previsti), che diventeranno 30 nel 2030;
- il lavoratore deve appartenere al regime contributivo puro, cioè essere iscritto alla previdenza pubblica dopo il 1° gennaio 1996;
- l’assegno pensionistico maturato deve essere pari ad almeno 3 volte il trattamento minimo per gli uomini, 2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 volte per le donne con due o più figli.
Per i lavoratori totalmente contributivi che non aderiscono a forme integrative, per questo tipo di anticipo resteranno in vigore i requisiti attualmente previsti (64 anni e 20 di versamenti).
Pertanto, la scelta di destinare il TFR a un fondo pensione o a un piano previdenziale individuale potrebbe essere la mossa giusta per molti futuri pensionati. Oggi, infatti, gli italiani tendono a lasciarlo in azienda, forse per pigrizia o per il timore di non poterne usufruire o per scarsa educazione finanziaria sui benefici di un’eventuale scelta alternativa.
I numeri della previdenza integrativa
Premesso che l’adesione alla previdenza complementare può avvenire in qualsiasi momento, anche in aggiunta al TFR classico, magari partendo da piccole somme accumulate grazie a investimenti maturati sottoscrivendo un conto deposito, c’è da dire che va crescendo l’attenzione degli italiani verso la pensione fai da te.
Secondo le ultime rilevazioni della Covip - la Commissione di vigilanza sui fondi pensione - nel 2024 i rendimenti delle forme di previdenza complementare sono risultati positivi, con valori più elevati per le gestioni con una maggiore esposizione azionaria: in media dal 10,4% nei fondi negoziali e in quelli aperti e dal 13% nei Pip (Piani individuali pensionistici), mentre nelle linee bilanciate sono stati pari al 6,4% nei fondi negoziali, al 6,6% nei fondi aperti e al 7% nei Pip.
Risultati inferiori sono stati rilevati per i comparti obbligazionari e garantiti. Per altro, va ricordato che il segno più si conferma per il terzo anno consecutivo. Inoltre, nel corso dell’ultimo anno le adesioni sono aumentate del 4,2%, attestandosi a 11,1 milioni.
Considerando anche chi aderisce contemporaneamente a più forme, gli iscritti totali sono 9,950 milioni. Un numero importante, anche se resta ancora molto da fare per raggiungere i livelli di altre grandi economie occidentali.
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