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Italiani troppo prudenti sugli investimenti

L'amore degli italiani per i titoli di Stato e per i depositi sul conto corrente resiste a ogni turbolenza e anche al calo dei rendimenti. Un fenomeno che trova spiegazioni non sempre razionali. Mentre sul mercato esistono soluzioni a basso rischio, che consentono di spuntare rendimenti più elevati.

donna che guarda il cellulare
Italiani: popolo di risparmiatori

Pur in un contesto di tassi bassi e incertezze macro diffuse, gli italiani continuano a privilegiare strumenti tradizionali quanto si tratta di allocare i propri risparmi: i titoli di Stato del Tesoro (come i BoT) e, al contempo, accumulano credito e depositi, che tuttavia offrono rendimenti minimi, che al netto dell’inflazione comportano una perdita sicura.

BoT people evergrern

Secondo l’ultimo Bollettino dell’Associazione bancaria italiana, la raccolta indiretta, cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche, ha registrato “un incremento di 90,7 miliardi tra settembre 2024” e lo stesso mese di quest’anno, per 19,5 miliardi denaro delle famiglie, per 17 miliardi di imprese e per il resto di altri clienti (imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione).

La raccolta in depositi, nel frattempo, è cresciuta di 50 miliardi. Ma, più che le Borse, gli italiani si confermano affezionati ai titoli di Stato del Tesoro, che la cui quota è raddoppiata a 442 miliardi nell’arco degli ultimi quattro anni. Se l’incremento dei tassi ufficiali nel primo biennio considerato può costituire una motivazione a questo processo, il successivo calo tra il 2024 e il 2025 rende difficile da comprendere questa affezione prolungata.

Boom dei risparmi fermi sul conto corrente

In parallelo, i dati della Banca d’Italia indicano che al 30 giugno 2025 i depositi (esclusi pronti contro termine) verso la clientela sono pari a circa 1.897,8 miliardi di euro. Questi numeri evidenziano due fenomeni contemporanei: da un lato, una preferenza per titoli di Stato o comunque scelte “sicure”; dall’altro, un’alta propensione a lasciare la liquidità ferma sui conti correnti oppure in depositi generici, poco o non remunerati.

È del tutto comprensibile che molti risparmiatori italiani preferiscano scegliere il “faro sicuro”: strumenti dello Stato, conti correnti pronti all’uso, poca esposizione al rischio. Tuttavia il rovescio della medaglia è che quell’approccio può generare rendimenti quasi nulli — o addirittura negativi al netto dell’inflazione — e far perdere l’occasione di far lavorare il proprio denaro.

Ad esempio, secondo un documento Abi (Associazione Bancaria Italiana) di settembre 2025, il tasso medio sul conto corrente era pari allo 0,27%, a fronte intorno al 2%. Mentre i depositi vincolati registravano tassi fino al 3%. Di conseguenza, tenere la liquidità in panchina significa rinunciare a preservare il valore reale del proprio patrimonio.

Il conto deposito presenta diversi elementi di forza proprio in relazione alla clientela meno disposta ad assumersi rischi. In primis la garanzia fino a 100 mila euro per depositante, che tutela il sottoscrittore in caso di problemi in capo alla banca depositaria. Detto del rendimento superiore al conto corrente, incide anche la liquidità programmabile: ci sono conti deposito a prelievo libero e altri vincolati: la scelta può essere fatta in base agli obiettivi finanziari del risparmiatore. Per non trascurare la semplicità: si tratta di un prodotto relativamente semplice da comprendere rispetto a strumenti più complessi; può rappresentare un ponte tra non fare nulla e investire in modo più agile.

Non tutti i conti deposito sono uguali: quali aspetti valutare

Quando si guarda a un conto deposito, alcune accortezze sono utili. In primis verificare se è vincolato e per quanto tempo: vincoli più lunghi normalmente offrono tassi migliori, ma riducono la flessibilità. Quindi prestare attenzione alle commissioni o alle condizioni in caso di estinzione anticipata. In terzo luogo analizzare la banca emittente, l’adesione al fondo di garanzia depositi e la reputazione dell’istituto.

In definitiva, la scelta dei titoli di Stato non è da demonizzare, anzi. Sono strumenti validi nella cassetta degli attrezzi del risparmiatore che vuole preservare capitale. Ma la scelta va inserita in una strategia di pianificazione di lungo periodo e costruita sulle esigenze del singolo risparmiatore.

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A cura di: Luigi Dell'Olio

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